Girolamo Siciolante, la Pala Valvisciolo

Non tutti sanno che la chiesa della nostra splendida Abbazia di Valvisciolo possedeva una meravigliosa pala d’altare.  Infatti, fino alla metà dell’Ottocento, nella zona presbiteriale, vi era collocata sopra l’altare maggiore la Pala Valvisciolo. E’ questo un dipinto ad olio su tavola di notevoli dimensioni (2,75 x 2,40 m) eseguito da Girolamo Siciolante nel 1541. Vi è raffigurata Maria con il Bambino e i santi Pietro, Stefano e Giovannino. La Pala nella sua collocazione originaria all’interno della chiesa dell’Abbazia di  Valvisciolo vi rimase fino alla metà del 1800 quando Filippo Caetani cedette a Pio IX i diritti sull’abbazia. Nel 1970 la Pala, che si trovava a Roma, è stata riportata a Sermoneta, ma non nell’Abbazia di Valvisciolo, bensì nel Castello Caetani ed è tutt’oggi collocata nella sala del Cardinale.

La committenza

Lo studioso John Hunter così cita la notizia della committenza dell’opera : <<Probabilmente Camillo Caetani aveva commissionato a Siciolante una pala per l’altare maggiore della chiesa prima del restauro dell’abbazia avvenuto negli anni tra il 1544 e il 1548 (…) in ragione dei diritti di giurisdizione e del patronato che aveva sull’abbazia (…) >>. Comunque è di Giorgio Vasari la prima testimonianza relativa alla Pala Valvisciolo :

<< Vive anco in Roma, e certo è molto eccellente nella sua professione, Girolamo Siciolante da Sermoneta, del quale se bene si è detto alcuna cosa nella vita di Pierino del Vaga, di cui fu discepolo (…). Fra le prime opere adunque che costui fece da sé fu una tavola alta dodici palmi, che egli fece a olio di venti anni, la quale è oggi nella badia di S. Stefano, vicino alla terra di Sermoneta sua patria, nella quale sono quanto il vivo S. Pietro, S. Stefano e San Giovanni Battista, con certi putti. (…) la quale tavola, che molto fu lodata  >>.

                    La datazione

La Pala è, infatti, datata MDXXXXI (1541 ), nella zona inferiore, sulla  pietra posta in prossimità dei piedi di Maria e di San Giovannino.

Disegno preparatorio

Dell’opera se ne conosce uno studio preparatorio, conservato a Parigi nel Gabinetto dei disegni del Louvre, realizzato a penna e acquerello bruno con carboncino su carta imbrunita. Il disegno, raffigurante Maria con Bambino e i Santi Pietro, Stefano e San Giovannino, fu attribuito al Siciolante da Philip Pouncey.

Lettura della PalaOLYMPUS DIGITAL CAMERA Valvisciolo

Una nicchia architettonica divide le figure dal paesaggio retrostante e lontano, creando un posto appartato per Maria e i Santi. La composizione simmetrica del dipinto è ancor più marcata dalla presenza di due putti alati sopra la Vergine che reggono un drappo verde. Nell’impianto compositivo il Siciolante riprende, dal punto di vista iconografico,  il classico schema strutturale delle Sacre Conversazioni, con Maria ed il Bambino al centro dell’opera e i due santi collocati simmetricamente sui due lati. Proprio questo tipo di composizione, così classica, è ancora legata all’arte della seconda metà del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento e fa  pensare che dipenda dal volere del committente. Nello schema compositivo delle Sacre Conversazioni i santi e Maria vengono collocati in uno spazio ben delimitato e questo spazio è definito Chiesa. Ed è proprio alla Chiesa che allude il catino absidale che è alle spalle della Vergine e delimita fisicamente la dimensione sacra da quella terrena. In questa dimensione avviene un dialogo spirituale tra i santi e Maria. Quindi, il soggetto della Sacra Conversazione è una celeste riunione di modelli di pietà che costituiscono la conversatio. In questo muto dialogo vi è però un personaggio, il San Giovannino, che guarda verso l’osservatore e che, quindi, svolge una funzione mediatrice. Ed è proprio il San Giovannino che ci porta, come l’Arcangelo Gabriele, l’annuncio della venuta del Messia.

Soffermandoci un momento sulla figura del San Giovannino possiamo notare  i suoi attributi tradizionali che sono la croce e l’abito di pelle di cammello, donatogli da un angelo dopo che nel deserto le sue vesti erano cadute a pezzi. Il cartiglio che si snoda attorno alla croce riporta la scritta “ECCE ANGUS DEI (sic) “. In questo caso il pittore ha commesso un grossolano  errore di scrittura in quanto la frase esatta pronunciata da Giovanni Battista quando vide Gesù è : “ Ecce Agnus Dei “.

wp_ss_20151210_0001 Mentre alla dimensione terrena allude il paesaggio retrostante. In particolare dietro Santo Stefano si vedono due alberi, quello sulla sinistra, con la fronda verdeggiante, è simbolo di rigenerazione e rinascita e si staglia sul paesaggio sullo sfondo a sottolineare i vantaggi di chi segue la retta via della virtù. Il tronco d’albero secco e spoglio, sulla destra, è simbolo di morte e di perdizione. Quindi, la contrapposizione fra albero secco e albero fiorito sta ad indicare la redenzione contrapposta al peccato e più in generale la contrapposizione tra il bene e il male. In alcuni casi la compresenza dei due alberi può alludere alla contrapposizione tra Chiesa e Sinagoga. Inoltre, la cima della montagna, dietro a San Pietro , accessibile soltanto con un ripido e tortuoso sentiero, simboleggia il difficile percorso verso la perfezione morale.Ma tornando un momento ai due alberi, questi essendo posti proprio dietro alla figura del martire Stefano possono sottolinea il messaggio della Morte e della Risurrezione.

wp_ss_20151210_0001Il dipinto è pieno di duplici riferimenti sulla venuta, sulla morte e sulla risurrezione di Cristo. Lo stesso santo presenta altri due messaggi nella decorazione della dalmatica. Infatti, vi è con l’episodio dell’Annunciazione il messaggio dell’annuncio della venuta del Messia e nell’episodio della lapidazione di Santo Stefano vi si può leggere la prefigurazione della Passione del Cristo.

Particolare attenzione merita anche  la mano destra di Maria che, rivolta verso il Bambino con l’indice ed il medio leggermente dischiusi, allude alla duplice natura di Cristo, umana e divina.

Colpisce molto anche l’uso di colori sgargianti. Il colore, infatti, raggiunge alti toni squillanti, in particolare nella resa dei panneggi.

John Hunter così descrive tale singolare cromia :

<<La vergine seduta ha una gonna giallo-arancio e un manto grigio azzurro chiaro che fanno contrasto con la nicchia grigio scuro. Il Bambino nudo, in piedi accanto a lei, con la gamba destra poggiata sulla coscia della madre, alza la mano in un gesto di benedizione >>.

By Sonia Testa

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Bibliografia essenziale e di approfondimento:

-Sonia Testa, Abbazia di Valvisciolo “Vallis Lusciniae” Ars et Historia, Pontinia 2007;

-Sonia Testa, La cappella Caetani nella Chiesa di San Giuseppe a Sermoneta, Roma 2015;

I testi si possono trovare anche presso il negozio dell’Abbazia di Valvisciolo, Sermoneta (LT).

 

 

Pubblicato da conoscerepertutelare

L’accesa passione per la ricerca, per la storia, per l’andare a fondo su determinati temi e l’amore per la sua città ha influenzato fino ad ora le numerose pubblicazioni della scrittrice Sonia Testa. In effetti, la ricostruzione di cicli pittorici, attraverso solerti e tenaci indagini d’archivio è per la studiosa una vera e propria vocazione. Dalla sua costanza e curiosità sono scaturite notizie importanti e soprattutto inedite, che hanno contribuito a fare luce su questioni irrisolte da anni. Studi che hanno ad esempio contribuito a dare una paternità legittima ad alcune opere erroneamente attribuite ad autori che non potevano materialmente (perché già scomparsi) averle eseguite. Hanno dato datazioni corrette a opere che per anni erano state datate erroneamente. Hanno dato letture corrette ad affreschi che nessuno prima aveva letto accuratamente. Hanno anche contribuito a tracciare biografie di artisti poco noti al pubblico. Per, Sonia Testa, lo studio e la ricerca sono sempre stati due perni importanti nella propria vita e per questo è stata spesso definita da alcuni “topo d’archivio”. Inoltre i suoi studi sono sempre stati corredati dalla divulgazione delle scoperte fatte in un linguaggio semplice, schietto, chiaro, privo di termini obsoleti e desueti. Ma con toni frizzanti e rivolti soprattutto a fare conoscere. Perché uno degli scopi primari di queste pubblicazioni è proprio quello di far scoprire il patrimonio storico artistico di Sermoneta affinché possa essere protetto, valorizzato e tutelato. Lo slogan abbracciato dalla studiosa da diversi anni è proprio questo: conoscere per tutelare!