La committenza
Lo studioso John Hunter così cita la notizia della committenza dell’opera : <<Probabilmente Camillo Caetani aveva commissionato a Siciolante una pala per l’altare maggiore della chiesa prima del restauro dell’abbazia avvenuto negli anni tra il 1544 e il 1548 (…) in ragione dei diritti di giurisdizione e del patronato che aveva sull’abbazia (…) >>. Comunque è di Giorgio Vasari la prima testimonianza relativa alla Pala Valvisciolo :
<< Vive anco in Roma, e certo è molto eccellente nella sua professione, Girolamo Siciolante da Sermoneta, del quale se bene si è detto alcuna cosa nella vita di Pierino del Vaga, di cui fu discepolo (…). Fra le prime opere adunque che costui fece da sé fu una tavola alta dodici palmi, che egli fece a olio di venti anni, la quale è oggi nella badia di S. Stefano, vicino alla terra di Sermoneta sua patria, nella quale sono quanto il vivo S. Pietro, S. Stefano e San Giovanni Battista, con certi putti. (…) la quale tavola, che molto fu lodata >>.
La Pala è, infatti, datata MDXXXXI (1541 ), nella zona inferiore, sulla pietra posta in prossimità dei piedi di Maria e di San Giovannino.
Disegno preparatorio
Dell’opera se ne conosce uno studio preparatorio, conservato a Parigi nel Gabinetto dei disegni del Louvre, realizzato a penna e acquerello bruno con carboncino su carta imbrunita. Il disegno, raffigurante Maria con Bambino e i Santi Pietro, Stefano e San Giovannino, fu attribuito al Siciolante da Philip Pouncey.
Lettura della Pala Valvisciolo
Una nicchia architettonica divide le figure dal paesaggio retrostante e lontano, creando un posto appartato per Maria e i Santi. La composizione simmetrica del dipinto è ancor più marcata dalla presenza di due putti alati sopra la Vergine che reggono un drappo verde. Nell’impianto compositivo il Siciolante riprende, dal punto di vista iconografico, il classico schema strutturale delle Sacre Conversazioni, con Maria ed il Bambino al centro dell’opera e i due santi collocati simmetricamente sui due lati. Proprio questo tipo di composizione, così classica, è ancora legata all’arte della seconda metà del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento e fa pensare che dipenda dal volere del committente. Nello schema compositivo delle Sacre Conversazioni i santi e Maria vengono collocati in uno spazio ben delimitato e questo spazio è definito Chiesa. Ed è proprio alla Chiesa che allude il catino absidale che è alle spalle della Vergine e delimita fisicamente la dimensione sacra da quella terrena. In questa dimensione avviene un dialogo spirituale tra i santi e Maria. Quindi, il soggetto della Sacra Conversazione è una celeste riunione di modelli di pietà che costituiscono la conversatio. In questo muto dialogo vi è però un personaggio, il San Giovannino, che guarda verso l’osservatore e che, quindi, svolge una funzione mediatrice. Ed è proprio il San Giovannino che ci porta, come l’Arcangelo Gabriele, l’annuncio della venuta del Messia.
Soffermandoci un momento sulla figura del San Giovannino possiamo notare i suoi attributi tradizionali che sono la croce e l’abito di pelle di cammello, donatogli da un angelo dopo che nel deserto le sue vesti erano cadute a pezzi. Il cartiglio che si snoda attorno alla croce riporta la scritta “ECCE ANGUS DEI (sic) “. In questo caso il pittore ha commesso un grossolano errore di scrittura in quanto la frase esatta pronunciata da Giovanni Battista quando vide Gesù è : “ Ecce Agnus Dei “.
Mentre alla dimensione terrena allude il paesaggio retrostante. In particolare dietro Santo Stefano si vedono due alberi, quello sulla sinistra, con la fronda verdeggiante, è simbolo di rigenerazione e rinascita e si staglia sul paesaggio sullo sfondo a sottolineare i vantaggi di chi segue la retta via della virtù. Il tronco d’albero secco e spoglio, sulla destra, è simbolo di morte e di perdizione. Quindi, la contrapposizione fra albero secco e albero fiorito sta ad indicare la redenzione contrapposta al peccato e più in generale la contrapposizione tra il bene e il male. In alcuni casi la compresenza dei due alberi può alludere alla contrapposizione tra Chiesa e Sinagoga. Inoltre, la cima della montagna, dietro a San Pietro , accessibile soltanto con un ripido e tortuoso sentiero, simboleggia il difficile percorso verso la perfezione morale.Ma tornando un momento ai due alberi, questi essendo posti proprio dietro alla figura del martire Stefano possono sottolinea il messaggio della Morte e della Risurrezione.
Il dipinto è pieno di duplici riferimenti sulla venuta, sulla morte e sulla risurrezione di Cristo. Lo stesso santo presenta altri due messaggi nella decorazione della dalmatica. Infatti, vi è con l’episodio dell’Annunciazione il messaggio dell’annuncio della venuta del Messia e nell’episodio della lapidazione di Santo Stefano vi si può leggere la prefigurazione della Passione del Cristo.
Particolare attenzione merita anche la mano destra di Maria che, rivolta verso il Bambino con l’indice ed il medio leggermente dischiusi, allude alla duplice natura di Cristo, umana e divina.
Colpisce molto anche l’uso di colori sgargianti. Il colore, infatti, raggiunge alti toni squillanti, in particolare nella resa dei panneggi.
John Hunter così descrive tale singolare cromia :
<<La vergine seduta ha una gonna giallo-arancio e un manto grigio azzurro chiaro che fanno contrasto con la nicchia grigio scuro. Il Bambino nudo, in piedi accanto a lei, con la gamba destra poggiata sulla coscia della madre, alza la mano in un gesto di benedizione >>.
By Sonia Testa
Bibliografia essenziale e di approfondimento:
-Sonia Testa, Abbazia di Valvisciolo “Vallis Lusciniae” Ars et Historia, Pontinia 2007;
-Sonia Testa, La cappella Caetani nella Chiesa di San Giuseppe a Sermoneta, Roma 2015;
I testi si possono trovare anche presso il negozio dell’Abbazia di Valvisciolo, Sermoneta (LT).