Omaggio alla figura di San Tommaso d’Aquino
a 750 anni dalla sua morte
Brevi cenni biografici
Domenicano, Dottore della Chiesa, di origini nobili, si formò nel monastero di Montecassino e divenne maestro negli studi di Parigi, Orvieto, Roma, Viterbo e Napoli. Nella “Summa” diede un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana.
Lui stesso, commentando, verso la fine della sua vita, il Vangelo di Giovanni, scriverà che “come la lucerna non può dare luce se non viene accesa dal fuoco, così la lucerna spirituale non illumina, se prima non arde ed è infiammata dal fuoco della carità”.
Tommaso era nato nel XIII secolo nel castello di famiglia, a Roccasecca, contea di Aquino, ai confini tra il Lazio e la Campania. Come figlio minore, la sua destinazione era la vita ecclesiastica e, infatti, a cinque anni Tommaso venne offerto dal padre come oblato al vicino e celebre monastero di Montecassino. Tommaso vi soggiornò per una decina d’anni, fino intorno al 1239, e furono anni fondamentali per la sua formazione religiosa e letteraria.
Quella del monaco, tuttavia, non era la vocazione di Tommaso. Nel 1239, infatti da Montecassino fu inviato a Napoli per frequentare gli studi delle arti e della filosofia. Nella città partenopea Tommaso conosce i frati Predicatori del convento che il successore di san Domenico, Giordano di Sassonia, vi aveva fondato nel 1231.
Nell’aprile del 1244 riceve l’abito domenicano. La scelta non poteva essere più sorprendente. Il nobile d’Aquino al prestigioso ordine monastico benedettino predilige un ordine mendicante, sorto da poco. Un ordine votato alla povertà, senza possedimenti, non protetto dentro i chiostri, ma destinato alla predicazione.
“La vita attiva con la quale uno, predicando e insegnando, comunica agli altri le verità contemplate – egli scrive – è più perfetta della vita in cui si contempla soltanto, in quanto presuppone l’abbondanza della contemplazione. E così Cristo scelse questo genere di vita”.
Lungo il viaggio verso Lione per il concilio ecumenico a cui era stato invitato, sentendo prossima la fine soggiornò presso i cistercensi di Fossanova. Qui spirò il 7 marzo 1274, circondato dalla venerazione di quei monaci.
Iconografia di San Tommaso d’Aquino
Tommaso d’Aquino viene spesso raffigurato con l’abito dei domenicani e con due simboli in particolare: il sole raggiato sul petto e il libro che tiene spesso in mano.
Tra le più antiche immagini pervenute si ricorda quella nel polittico opera di Simone Martini (1320) ora nel Museo Nazionale di S. Matteo a Pisa, ma proveniente dal convento domenicano di S. Caterina, una raffigurazione del santo presentante i tratti fisionomici trasmessi dalla tradizione: la spaziosità della fronte, l’impianto del volto pingue, l’espressione estatica e il simbolo – determinante nell’iconografia tomista – del libro aperto con scritta celebrante il merito della sua opera.
Il ritratto di Tommaso non ancora canonizzato (1323), situato nelle predella, dimostra che a tale data l’immagine non aveva assunto ancora il rilievo che acquistò poi nell’iconografia dell’Ordine.
Il più alto esempio della tipologia del trionfo è da riconoscersi nella tavola, elaborata anch’essa nel convento di S. Caterina. Nel dipinto, attribuito da Vasari a Francesco Traini e dalla critica moderna generalmente ritenuto di mano della cerchia di Lippo Memmi e datato intorno al 1340. L’Aquinate giganteggia – il libro emblema del suo sapere aperto sul petto – al centro di una vasta corona di personaggi. La frase del libro inneggia alle verità ispirate uscite dalla sua bocca e significativamente l’immagine di Cristo dall’alto colpisce la fronte del dottore con un raggio di luce.
Nella tavola del Maestro delle Effigi domenicane, conservata nel convento e dipinta intorno al 1342, sono raffigurati gli esponenti dell’Ordine guidati da S. Domenico, il quale appare affiancato dai due santi riconosciuti come i più rappresentativi: Tommaso e Pietro Martire.
Sempre in S. Maria Novella, Nardo di Cione, nella cappella Strozzi, oltre a collocare Tommaso tra i beati del Paradiso, lo ritrae replicatamente nei tondi della volta circondato dalle virtù cardinali.
E Andrea di Cione nella medesima cappella lo dipinge nel polittico sull’altare, firmato e datato 1357, in atto di ricevere da Cristo il libro simbolo della sua missione, mentre dall’altro lato Cristo consegna le chiavi a Pietro.
Frontale e ieratico è il ritratto di Tommaso dipinto in una lunetta del chiostro e attribuito a un seguace di Nardo di Cione. Sul libro aperto sono riportati i versi dell’autografo Uffizio del Corpus Domini.
Andrea di Bonaiuto celebra infine il suo trionfo nel Cappellone degli Spagnoli (1365-1368) ponendolo in alto sul trono al centro della monumentale composizione che lo individua come il dottore che domina per intero lo scibile umano. Sul libro raggiante sul petto del santo si legge la frase “[…] venit / i(n) me sp(iritu)s / sapie(ntiae) et / p(rae)posui / illa(m) re / gnis et / sedibus”.
Altre opere di ambito domenicano dedicate al santo ne sottolineano piuttosto gli umani vissuti. Nel pregevole pannello di Berlino (Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz, Gemäldegal.) di un seguace di Bernardo Daddi o di Daddi medesimo, Tommaso è raffigurato mentre prega assistito dagli angeli dopo aver allontanato da sé la cortigiana tentatrice.
Il dipinto che appartiene alla superstite predella del polittico smembrato, raffigurante storie dei principali santi domenicani.
La tavola a cinque scomparti, attribuita al Maestro del Biadaiolo (notizie fino al 1350 ca.) e conservata a New York (Metropolitan Mus. of Art, Robert Lehman Coll.), presenta un pannello dedicato alla rappresentazione di Tommaso in cattedra, intento ad ammaestrare un uditorio di frati e laici, di stile sciolto, animato, ben diverso dalle consuete glorie, anche se il sole raggia sul petto del dottore e pur se ai suoi piedi giace riverso Averroè.
I santi domenicani maggiori, Domenico con alla destra Tommaso e alla sinistra Pietro Martire, sono il soggetto di un minuscolo trittico conservato a Roma (Mus. Vaticani, Pinacoteca, inv. nr. 75), attribuito a Lippo Vanni.
Fuori della Toscana, nel duomo di Orvieto Ugolino di Vieri ritrae Tommaso negli smalti del reliquiario del Corporale (1338), intento a consegnare al papa Urbano IV l’Uffizio del Corpus Domini da lui composto. E anche Ugolino di Prete Ilario, attivo a Orvieto nella seconda metà del sec. 14°, rammenta il fatto storico negli affreschi della cappella del Corporale (1357-1364).
Tomaso Barisini lo raffigura poi nel 1352 nella sala capitolare del convento di S. Niccolò a Treviso, nella nota galleria dei ritratti dei maestri domenicani, con il volto pingue, mansueto e gli occhi chini sulle sue carte. Il sole, però, gli raggia in petto e il libro che egli mostra e l’iscrizione a latere tessono di lui un alto, particolare elogio.
Benozzo Gozzoli nel Quattrocento raffigura Il trionfo di San Tommaso d’Aquino.
Rappresentato circondato da Platone (a destra) e Aristotele, di cui è discepolo.
Ai suoi piedi giace Guglielmo di Saint-Amour. In alto Cristo che benedice gli evangelisti.
In basso, Papa Sisto IV .
Il Guercino crea una composizione straordinaria nella sua opera “San Tommaso d’Aquino scrive assistito dagli angeli”.
Conservato nella Basilica di San Domenico a Bologna.
Al centro della scena il santo è colto in un attimo di profonda riflessione.
Gli angeli sembrano partecipare attivamente a ciò che sta scrivendo.
Velasquez invece lo rappresenta confortato dagli angeli in una versione più umana.
Mentre Carlo Crivelli lo ritrae con un libro in mano che indica il suo impegno nell’unire fecde e ragione.
Il sole raggiante che simboleggia la luce della verità.
Il modellino di una chiesa con delle piante radicate nella facciata può alludere al sapere teologico che è radicato bene.
Per approfondire la figura del santo e la sua iconografia si rimanda al sito Treccani:
https://www.treccani.it/enciclopedia/santo-tommaso-d-aquino_(Enciclopedia-dell’-Arte-Medievale)/