Bombardamento intorno all’Abbazia di Valvisciolo, l’occupazione tedesca e l’ospedale

Bombardamento intorno all’Abbazia di Valvisciolo, l’occupazione tedesca e l’ospedale

Dopo lo storico sbarco di Anzio – Nettuno l’abbazia, il 27 gennaio 1944, fu occupata dalla croce rossa  tedesca e da questi  adibita ad ospedale da campo. Sulla terrazza vi erano i segni appunto della croce rossa. Vengono occupati tutti i vani eccetto la camera del priore, la cucina e la dispensa. Anche la chiesa abbaziale venne utilizzata fino alla balaustra e la sacrestia così che i monaci poterono celebrare la messa tutte le mattine. Alcuni studenti presenti nel monastero prestarono volontariato nell’assistenza ai feriti mentre altri riuscirono a tornare presso le proprie famiglie.

I tedeschi approfittavano di questo presidio ospedaliero per eludere mitragliamenti e bombardamenti nascondendo i mezzi tra gli uliveti intorno al monastero. Ma a detta delle fonti << Avevano fatto i conti senza l’oste>>. Una spia infiltrata però fece rapporto presso le ambasciate alleate e così  alle prime ore del mattino tutti i dintorni dell’abbazia furono sottoposti ad uno spaventoso bombardamento. Circa ventidue bombe caddero e i vetri del monastero si frantumarono.  Così il priore P. Romualdo Biondi decise di trasferire buona parte della comunità a Sermoneta dove vennero ospitati nei locali dell’Azione Cattolica presso la Chiesa di Santa Maria Assunta in cielo.

Il 29 gennaio 1944 è stato invece realizzato un cimitero situato a sinistra del monastero andando verso Sermoneta (nell’area dove attualmente vi è il giardino con la fontana e la statua di san Bernardo).

I soldati deceduti nell’ospedale vennero così tumulati in fosse di un metro e mezzo di profondità, senza cassa, ricoperti quindi dalla nuda terra e sopra al mucchietto venne posta una croce di legno. Ogni croce portava scritto il grado, il nome del soldato con il numero di matricola , la data di nascita e di morte. Dopo due mesi vi erano già sepolti centocinquanta soldati tedeschi, cinque americani e venti soldati italiani appartenenti al Battaglione S. Marco.

Intanto l’abate di Casamari Nivardo Buttarazzi, il 19 marzo 1944, scrisse una supplica al pontefice affinchè Valvisciolo venisse risparmiata e salvaguardata dai pericoli della guerra. La santa sede rispose il 20 maggio dello stesso anno con un comunicato in cui il pontefice rendeva noto della sua intercessione come aveva già fatto per Casamari e San Domenico di Sora.

L’abate aveva mandato alcuni monaci in bicicletta da Casamari a controllare lo stato di Valvisciolo e dei suoi occupanti perché gli erano arrivate notizie preoccupanti in cui l’informavano che Valvisciolo era stata distrutta. Ma fortunatamente le notizie non erano veritiere, nonostante i bombardamenti avvenuti nelle zone limitrofe l’abbazia non aveva subito danni gravi.

Dai testimoni: << ogni giorno siamo spettatori di bombardamenti e mitragliamenti. Specialmente sulla disgraziata Cisterna, ridotta ormai ad un cumulo di macerie. Continuamente sentiamo il crepitio della mitraglia che falcia le vite umane e il continuo arrivo dei feriti ci dimostra come deve essere accanita la battaglia. Questo incubo, questa quasi disperazione di cose, viene accresciuto ancora da parte dei tedeschi, i quali, dopotutto vanno razziando animali e rastrellando uomini per portarli a lavorare al fronte, così che nella popolazione oltre che si soffre di fame vi è una continua paura>>.

Il 4 maggio vengono ripetutamente colpiti il monte della Croce, la strada che dall’abbazia arriva a Sermoneta, il piazzale davanti la chiesa e l’orto del monastero. Neanche le autoambulanze vengono più risparmiate e resta sempre più difficile arrivare sani e salvi davanti al piazzale dell’abbazia. I feriti che riuscirono ad arrivare invece di farli entrare dall’ingresso della chiesa, troppo esposto alle mitragliatrici, li fecero entrare dal retro del monastero dove c’era la vecchia foresteria. I morti in questi giorni non vennero seppelliti nel cimitero perché anch’esso sotto il tiro dei proiettili così vennero sepolti in fretta e furia dietro al monastero, mettendone anche cinque o sei in una stessa fossa.

Il 24 maggio 1944 i tedeschi cominciarono a ritirarsi per non rimanere stretti tra i due fronti così anche l’ospedale impiantato nell’abbazia partì di notte. Rimasero nella zona poche truppe tedesche per ostacolare l’avanzata alleata e proteggere la ritirata.

Dai testimoni sappiamo: << Si aspetta l’arrivo degli alleati da un momento all’altro. Finchè il 27 maggio, pattuglie americane dopo aver vinta l’ultima resistenza tedesca e fatto una settantina di prigionieri, proprio dietro l’oliveto del monastero, cessa ogni combattimento vicino a noi. Intanto le pattuglie americane inseguono i tedeschi che si ritirano lungo la via di Bassiano, dopo aver fatto saltare saltare in aria il ponte di Pio IX ed altri ponti vicini. Un carro armato tedesco vien fatto rotolare giù nel burrone, vicino alle capanne, da un pesante carro armato americano. Per ogni parte si trovano ordigni di guerra e rottami di macchine distrutte>>.

Verso la fine dell’anno 1944  iniziarono i lavori per riparare il ponte di Pio IX e dell’altro ponte, che si trova prima di arrivare alla stazione di Sermoneta, fatti saltare entrambi dai tedeschi a maggio dello stesso anno.

 

 

©Sonia Testa, è vietato l’utilizzo del testo e delle immagini anche parziale senza l’autorizzazione dell’autrice

 

 

Pubblicato da conoscerepertutelare

L’accesa passione per la ricerca, per la storia, per l’andare a fondo su determinati temi e l’amore per la sua città ha influenzato fino ad ora le numerose pubblicazioni della scrittrice Sonia Testa. In effetti, la ricostruzione di cicli pittorici, attraverso solerti e tenaci indagini d’archivio è per la studiosa una vera e propria vocazione. Dalla sua costanza e curiosità sono scaturite notizie importanti e soprattutto inedite, che hanno contribuito a fare luce su questioni irrisolte da anni. Studi che hanno ad esempio contribuito a dare una paternità legittima ad alcune opere erroneamente attribuite ad autori che non potevano materialmente (perché già scomparsi) averle eseguite. Hanno dato datazioni corrette a opere che per anni erano state datate erroneamente. Hanno dato letture corrette ad affreschi che nessuno prima aveva letto accuratamente. Hanno anche contribuito a tracciare biografie di artisti poco noti al pubblico. Per, Sonia Testa, lo studio e la ricerca sono sempre stati due perni importanti nella propria vita e per questo è stata spesso definita da alcuni “topo d’archivio”. Inoltre i suoi studi sono sempre stati corredati dalla divulgazione delle scoperte fatte in un linguaggio semplice, schietto, chiaro, privo di termini obsoleti e desueti. Ma con toni frizzanti e rivolti soprattutto a fare conoscere. Perché uno degli scopi primari di queste pubblicazioni è proprio quello di far scoprire il patrimonio storico artistico di Sermoneta affinché possa essere protetto, valorizzato e tutelato. Lo slogan abbracciato dalla studiosa da diversi anni è proprio questo: conoscere per tutelare!