Scoperto da Sonia Testa l’autore dell’affresco ritrovato nell’ex refettorio dell’Abbazia di Valvisciolo

Scoperto da Sonia Testa l’autore dell’affresco ritrovato nell’ex refettorio dell’Abbazia di Valvisciolo.

Una raffigurazione molto interessante della “Cena in Emmaus” è stata scoperta da poco. Era stata coperta sotto vari strati d’intonaco e da molti anni lasciata nell’oblio della dimenticanza. Il tema della “Cena in Emmaus” spesso sostituisce quello “dell’Ultima Cena” soprattutto nei refettori conventuali. Solitamente caratterizzata, come anche in questo caso, da tre figure: i due viandanti e Gesù che spezza il pane, fulcro della scena essendo il gesto in cui il Cristo si manifesta ai suoi commensali. Nell’affresco preso in esame la figura centrale del Cristo è a grandezza naturale e viene rappresentato come il Risorto.

La storia è tratta da un passo del Vangelo di Luca ( Lc 24, 13-35) che racconta un fatto accaduto dopo la morte di Gesù. Nello stesso primo giorno della settimana, due viandanti sulla strada per Emmaus, un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme,  conversavano di tutto quello che era accaduto in quei giorni con Gesù che camminava con loro ma senza essere però riconosciuto. Uno dei due, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Solo quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Così si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.

L’affresco è molto fedele al passo evangelico presentando in primo piano il calice che in trasparenza mostra il liquido rosso al suo interno. Simbolo della passione e del sacrificio redentivo del Cristo. Accanto al calice vi è il piatto contenente probabilmente il pesce, altro simbolo eucaristico.

La scena è ambientata in un posto chiuso caratterizzato da architetture e una finestra da cui si vede il cielo all’esterno. Sul lato destro del Cristo, per l’osservatore, si riesce a percepire un pentimento poi celato nella figura del secondo viandante. Infatti, si scorge la testa di una donna che serviva a tavola che però è stata poi celata nel volto del personaggio vicino.

Abbiamo detto che la tecnica utilizzata è l’affresco anche se alcune parti sono state realizzate con pittura a secco.

L’autore dell’opera è stato svelato da Sonia Testa, Presidente dell’Archeoclub di Sermoneta che ha trovato un documento in cui si parla proprio dell’opera presa in esame: << Don Vincenzo Mariano, giovane sacerdote che ha studiato a Roma … che pittura con Don Agostino suo compaesano di Latiano … e’ autore dell’affresco che sta al refettorio come pure del ritratto dell’Abate Savastano ivi pure collocato”. Quindi nel 1940  Don Vincenzo Mariano esegue il ritratto dell’Abate Savastano e in quegli anni realizza anche l’affresco della Cena in Emmaus.

L’affresco fu coperto probabilmente subito dopo la seconda guerra mondiale perchè opera fatta durante il periodo fascista. Si ricorda che nel 1943 ci furono i terribili anni dell’occupazione tedesca e una parte del monastero venne trasformato in ospedale.

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Pubblicato da conoscerepertutelare

L’accesa passione per la ricerca, per la storia, per l’andare a fondo su determinati temi e l’amore per la sua città ha influenzato fino ad ora le numerose pubblicazioni della scrittrice Sonia Testa. In effetti, la ricostruzione di cicli pittorici, attraverso solerti e tenaci indagini d’archivio è per la studiosa una vera e propria vocazione. Dalla sua costanza e curiosità sono scaturite notizie importanti e soprattutto inedite, che hanno contribuito a fare luce su questioni irrisolte da anni. Studi che hanno ad esempio contribuito a dare una paternità legittima ad alcune opere erroneamente attribuite ad autori che non potevano materialmente (perché già scomparsi) averle eseguite. Hanno dato datazioni corrette a opere che per anni erano state datate erroneamente. Hanno dato letture corrette ad affreschi che nessuno prima aveva letto accuratamente. Hanno anche contribuito a tracciare biografie di artisti poco noti al pubblico. Per, Sonia Testa, lo studio e la ricerca sono sempre stati due perni importanti nella propria vita e per questo è stata spesso definita da alcuni “topo d’archivio”. Inoltre i suoi studi sono sempre stati corredati dalla divulgazione delle scoperte fatte in un linguaggio semplice, schietto, chiaro, privo di termini obsoleti e desueti. Ma con toni frizzanti e rivolti soprattutto a fare conoscere. Perché uno degli scopi primari di queste pubblicazioni è proprio quello di far scoprire il patrimonio storico artistico di Sermoneta affinché possa essere protetto, valorizzato e tutelato. Lo slogan abbracciato dalla studiosa da diversi anni è proprio questo: conoscere per tutelare!