Opere dello scultore Michele Biondi da Giubbino presenti nel Museo White

All’interno del piccolo Museo White  vi sono anche opere del Fondo Storico dell’Abbazia di Valvisciolo. Oggi voglio porre all’attenzione dei lettori le due sculture della donazione del dott. Losciale e di sua moglie Edvige. Queste passano spesso in secondo piano all’interno del museo, quasi dimenticate. “Conoscere per tutelare” cerca così di dare memoria e voce anche e soprattutto alle opere più solitarie, per certi versi quasi dimenticate e che fanno parte del nostro patrimonio storico artistico.

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Ho avuto modo di conoscere la moglie del dott. Losciale diversi anni fa, proprio nella sala dell’ex dispensarium dell’abbazia. Venne con l’allora Priore Padre Eugenio e aveva con se un fagotto blu. Mi rivolse un cordiale sorriso e mi disse che aveva portato una seconda opera da inserire all’interno dell’allora galleria White. Mi spiegò che si trattava di un’opera dello stesso autore che aveva realizzato la scultura in creta raffigurante “Prometeo incatenato nelle rocce”. Quest’opera l’avevo già inserita io all’interno della teca centrale, stando molto attenta a non danneggiarla. Insomma la signora mi consegnò il fagotto con la raccomandazione di maneggiarlo con estrema cura. Io con mani tremanti e tanta emozione ho tolto i vari strati di asciugamani e con sorpresa mi sono trovata a fissare una testa in terracotta che aveva qualcosa di famigliare. Infatti, mi resi subito conto che si trattava di un ritratto della stessa signora che avevo difronte a me.Lei con dolcezza mi raccontò dell’amicizia che aveva il marito con lo scultore e il perchè volle donare queste opere al monastero. I coniugi Losciale erano molto colpiti dalla storia del nostro caro Abate Stanislao White (a cui è tra l’altro intitolato il museo) che tanto fece e si prodigò per il cenobio cistercense alla fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Ora la scultura raffigurante la signora Edvige è ancora esposta all’interno del museo, si trova sempre sul piedistallo marmoreo su cui io stessa la misi nel 2003. Ma si vuole però sottolineare come questa sia stata spostata e posta al di sotto della finestra. Posizione certo scomoda e poco sicura anche perchè il rischio anta della finestra aleggia alle sue spalle!!!

Michele Biondi, Prometeo incatenato tra le rocce, scultura in creta, 1968 c.

<< Prometeo  figlio del Titano Giapeto e della ninfa Climene( secondo Esiodo), padre di Deucalione. Il mito narra  che egli  ha modellato l’ uomo dall’ argilla dandogli fattezze simili agli dei. Quando Giove volle sterminare la razza umana, Prometeo, intervenne per placarlo. Quando più tardi Giove mandò il diluvio, Prometeo, non potè impedirlo ma avvisò Deucalione di porsi in salvo per continuare il genere umano. Per punizione Giove negò agli uomini l’uso del fuoco ma Prometeo con la complicità di Minerva rubò il fuoco dal carro del Sole e ne fece dono agli uomini(secondo un’altra versione il fuoco venne rubato dalla fucina di Vulcano).Sempre più adirato Giove pensò di vendicarsi mandando sulla terra Pandora, che sollevò il coperchio del vaso colmo di mali.Prometeo invece, venne incatenato  sul  Caucaso  da  Vulcano e  afflitto dal supplizio causato dall’aquila posta a divorargli il fegato, che ogni notte ricresceva. Egli avrebbe dovuto soffrire questa punizione in eterno ma Ercole uccise l’aquila liberandolo>>.

Michele Biondi ( 1918c. – 2001c.) in quest’opera di piccolo formato ha infuso l’anima alla materia in modo magistrale, tanto che Prometeo viene qui imprigionato nelle rocce del monte Caucaso con sofferente, struggente e rassegnata tristezza. L’artista ha raffigurato per certi versi l’uomo  che rimane inerme davanti ad una condanna divina, che non può far nulla se non dannarsi in eterno.  A Prometeo  rimasto  immobilizzato,  non gli resta che patire e riflettere, ormai solitario nella sua atroce sofferenza.

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Pubblicato da conoscerepertutelare

L’accesa passione per la ricerca, per la storia, per l’andare a fondo su determinati temi e l’amore per la sua città ha influenzato fino ad ora le numerose pubblicazioni della scrittrice Sonia Testa. In effetti, la ricostruzione di cicli pittorici, attraverso solerti e tenaci indagini d’archivio è per la studiosa una vera e propria vocazione. Dalla sua costanza e curiosità sono scaturite notizie importanti e soprattutto inedite, che hanno contribuito a fare luce su questioni irrisolte da anni. Studi che hanno ad esempio contribuito a dare una paternità legittima ad alcune opere erroneamente attribuite ad autori che non potevano materialmente (perché già scomparsi) averle eseguite. Hanno dato datazioni corrette a opere che per anni erano state datate erroneamente. Hanno dato letture corrette ad affreschi che nessuno prima aveva letto accuratamente. Hanno anche contribuito a tracciare biografie di artisti poco noti al pubblico. Per, Sonia Testa, lo studio e la ricerca sono sempre stati due perni importanti nella propria vita e per questo è stata spesso definita da alcuni “topo d’archivio”. Inoltre i suoi studi sono sempre stati corredati dalla divulgazione delle scoperte fatte in un linguaggio semplice, schietto, chiaro, privo di termini obsoleti e desueti. Ma con toni frizzanti e rivolti soprattutto a fare conoscere. Perché uno degli scopi primari di queste pubblicazioni è proprio quello di far scoprire il patrimonio storico artistico di Sermoneta affinché possa essere protetto, valorizzato e tutelato. Lo slogan abbracciato dalla studiosa da diversi anni è proprio questo: conoscere per tutelare!