Ultima Cena, affresco ex refettorio dell’eremo di San Francesco a Sermoneta
Proprio in questi giorni si sta decidendo sulla sorte della struttura che oggi viene denominata “ex convento di san Francesco” attraverso l’apertura delle buste contenenti le offerte di presa in gestione della struttura attraverso un nuovo bando di affidamento. Speriamo che chiunque sia l’affidatario sappia mantenere, conservare e prendersi cura di questo importantissimo pezzo di storia di Sermoneta. All’interno vi sono opere d’arte che dovrebbero essere il fiore all’occhiello della città. Nel chiostro le lunette seicentesche che narrano gli episodi della vita del “poverello” di Assisi.
Nonchè l’affresco molto suggestivo presente sulla parete di fondo dell’ex refettorio e raffigurante l’episodio dell’ Ultima Cena con ai lati due santi francescani. A destra, per l’osservatore, San Francesco e a sinistra San Bernardino da Siena (il santo è riconoscibile dal suo attributo iconografico tradizionale che consiste nell’ ostia con scritto: “IHS”.
La prima cosa che si nota è la particolarità della tavola che è rotonda e non rettangolare come nella maggior parte delle rappresentazioni dello stesso tema. Ed è ricoperta da una lunga tovaglia. Sulla tavola imbandita si trovano una serie di oggetti che alludono al sacrificio di Cristo come l’agnello, il pane che nella sua forma rotonda simboleggia l’eucaristia. Come unica posata vi sono i coltelli a serramanico, mentre la salvietta in primo piano potrebbe simboleggiare il corporale. La ricostruzione dell’episodio evangelico è fatta sulla base delle scritture in modo molto puntuale. La scena è, infatti, ambientata all’interno di un edificio come sappiamo nel Vangelo di Luca ( 22, 15 ) quando descrive i preparativi della cena pasquale.
Nell’ affresco di Sermoneta possiamo notare che Giuda non è posto del tutto isolato come avviene generalmente nelle altre rappresentazioni. Come per esempio nelle Ultime Cene dipinte da Andrea del Castagno ( 1450, Firenze, Santa Apollonia ), da Domenico Ghirlandaio ( 1480, Firenze, Ognissanti ), da Cosimo Rosselli ( 1481-82, Cappella Sistina, Roma ),da Perugino ( 1485-1490, Sant’Onofrio, Firenze ),dove è collocato dalla parte opposta del tavolo, rispetto agli altri apostoli, già isolato e condannato. Nell’affresco preso in esame Giuda non è neppure individuato dall’assenza di aureola, come spesso avviene, poiché nessun altro partecipante al banchetto la possiede, tranne Cristo. Non è posto isolato e condannato perché vige la possibilità del libero arbitrio . E’ però raffigurato con la borsa dei trenta denari, che è appunto l’attributo iconografico che lo contraddistingue dagli altri.Gli apostoli sono stati suddivisi in gruppi di sei per lato, mentre al centro della tavola vi è Cristo.E’ inoltre chiaro il momento rappresentato, quello dell’annuncio del tradimento. A questo proposito ritengo fondamentale porre l’accento come nel modo di rappresentare il tema è decisivo il Cenacolo di Leonardo da Vinci ( 1495 c., Santa Maria delle Grazie, Milano ) che segnò le coeve e successive interpretazioni dando alla scena energia pulsante. Anche in questo affresco, si tende ad evidenziare la reazione emotiva, istantanea, piena di pathos degli apostoli all’annuncio appena dato. Meraviglia, incredulità, paura, emozioni vissute da apostolo ad apostolo secondo l’ethos, il carattere di ciascuno, sono palpabili e percepibili. Dopo Leonardo molto risalto ed attenzione è fatta per la fisionomia degli apostoli, che sono raffigurati sempre più mantenendo dei canoni ben precisi attraverso i quali è possibile individuarli all’interno della composizione.
Infatti, con certezza si può individuare Giovanni evangelista, il più giovane degli apostoli, quasi assopito sul grembo di Cristo. Pietro, è riconoscibile dai i capelli corti e ricci, la barba corta e crespa. La fisionomia dell’apostolo era stata già fissata nel V secolo sulla base della descrizione di Eusebio da Cesarea (III- IV secolo). A tavola siede alla destra di Cristo, posizione che ne rileva l’anzianità e l’importanza, quale futuro fondatore della Chiesa di Roma. E’ spesso raffigurato con un coltello, come riferimento all’episodio avvenuto durante l’arresto di Cristo, con cui tagliò un orecchio a Malco, il servo del sommo sacerdote. Si può riconoscere Bartolomeo alla sinistra di Giuda, con ben visibile un coltello, riferibile al suo martirio. Inoltre, Giacomo maggiore e Giacomo minore di solito sono raffigurati con il viso molto simile a quello di Cristo. Ricordo che Giacomo maggiore era il fratello di Giovanni ed è, in fatti, posto accanto a quest’ultimo, mentre l’altro siede alla destra di Pietro.Tommaso, si può riconoscere per il suo gesto incredulo che è divenuto il tratto caratteristico dell’iconografia dell’apostolo, rappresentato con un dito alzato che poi infilerà nel costato di Cristo per credere nell’ avvenuta Risurrezione. Discorso a parte deve essere fatto per l’apostolo, con le braccia incrociate, alla sinistra di Giuda. Ritengo che nei tratti del volto di questo commensale si possa riconoscere il ritratto, molto idealizzato, del cardinale Enrico Caetani, committente dell’affresco. Interessante anche l’atteggiamento di offerta e di preghiera in cui il committente è stato ritratto. La veste rossa poi può alludere alla veste cardinalizia e quindi può rappresentare un altro indizio sull’identità dell’apostolo posto accanto a Giuda e che oltre a questo ultimo guarda dritto verso l’osservatore
.Nelle tipologie dei volti dei commensali della cena a mio avviso vi è un forte legame con la corrente michelangiolesca rappresentata dal Munziano e dal Siciolante, ben riconoscibile negli atteggiamenti dei personaggi, nel panneggiare ampio, nel cangiantismo cromatico, nelle muscolature in rilievo e forzate fino all’estremo come si può notare soprattutto nella schiena dell’apostolo che potrebbe essere Bartolomeo.
Ma in quest’affresco, come in quello dell’Agresti al Gonfalone, l’artista si mostra fortemente sensibile anche all’arte nordica soprattutto nel preciso riferimento che fa ad un’incisione dello stesso soggetto di Hans Schäufelein da cui riprende esattamente l’atteggiamento e la posizione delle mani delle due figure in primo piano. Quindi, è ripresa molto fedelmente la gestualità di Giuda e di Bartolomeo.
Come si può notare vi sono delle analogie molto interessanti, evidenti sia nella posizione delle mani di Giuda che di Bartolomeo, identiche a quelle dell’affresco di Livio Agresti e di riflesso anche a quelle degli apostoli dell’affresco dell’Eremo francescano di Sermoneta. Ricordo che l’affresco sermonetano è una chiara rielaborazione di quello dell’Agresti all’Oratorio del Gonfalone a Roma.
Ora ritorniamo alla descrizione dell’opera sermonetana, dove dietro al convivio, simmetricamente ai lati, due inservienti chiudono la scena. Quello di sinistra, più giovane, sorregge un vassoio con due calici e una bottiglia. Mentre quello di destra, forse il padrone di casa, ha una mano protesa in avanti come ad impartire degli ordini all’altro.
Ma particolarmente interessanti sono i due santi francescani posti ai lati della composizione che ovviamente non hanno nulla a che vedere con la raffigurazione del tema rappresentato. In effetti, si possono giustificare solo come un omaggio al luogo in cui si trova l’affresco, essendo in un convento francescano.
Quindi, la figura di San Francesco si spiega poiché l’Eremo è intitolato proprio al fondatore dell’ordine francescano. Inoltre come vedremo più avanti papa Sisto V apparteneva all’ordine francescano.
Mentre la figura di San Bernardino può essere collegata all’ ipotesi secondo cui il santo venne in visita all’Eremo di Sermoneta nel 1420.
Ritengo importante ricordare che il 29 novembre 1580 fu istituita a Sermoneta la confraternita del Nome di Gesù per opera di Beatrice Caetani. Un altro collegamento, quindi, con il San Bernardino può essere fatto tenendo conto dell’attributo iconografico del santo che consiste proprio nell’ostia con scritto il trigramma con il nome di Gesù.
Datazione e committenza
Datato 1587, eseguito molto probabilmente dal pittore Niccolò Circignani detto il Pomarancio ( attribuzione fatta da Sonia Testa durante la conferenza in occasione della terza giornata dell’Archeoclub di Sermoneta tenutasi proprio nell’eremo sermonetano il 22 ottobre 2005, poi pubblicata nel libro dedicato alla storia del monastero stesso) e commissionato da Onorato IV Caetani nel pieno della campagna di autocelebrazione al titolo ducale conferitogli dal papa Sisto V e in relazione alla visita del pontefice proprio nel ducato Caetani. Sottolineo nuovamente il fatto che il papa apparteneva tra l’altro all’ordine francescano.
Nello stemma della famiglia Caetani è possibile vedere la corona ducale sia sulla testa dell’aquila poggiata sul rostro che nelle aquile poste all’interno.
Questo particolare va a confermare la datazione dell’opera al 1587 e rende anche più plausibile la mia attribuzione dell’affresco al Pomarancio che nel 1586- 1589 lavorava con i suoi allievi e il figlio Antonio proprio nell’Abbazia di Valvisciolo.
Opera meravigliosa quindi che bisogna tutelare! Come da me segnalato più volte, anche durante la mia relazione nel convegno tenutosi davanti l’affresco, sotto la parete affrescata purtroppo vi è una cisterna d’acqua che dal pozzo del chiostro raccoglie l’acqua piovana. Questo fa sì che vi sia molta umidità. Bisognerebbe monitorare costantemente questa preziosissima opera che ha avuto già un passato travagliatissimo. L’ultima volta che ho avuto modo di vederla ho notato che vi si erano aperte grosse crepe, forse causate dalle forti scosse di terremoto, lo stesso periodo che è stata devastata la città dell’Aquila.Spero che se la struttura verrà affidata a qualcuno chiunque sia capisca l’importanza del patrimonio storico artistico presente in essa e lo sappia salvaguardare.
by Sonia Testa
Bibliografia
- Sonia Testa, l’Eremo di San Francesco, Arte e Storia,Pontinia 2007.
- Sonia Testa, Angelo Guerra d’Anagni- Primo catalogo ragionato e documentato della vita e delle opere dell’artista anagnino
- Sonia Testa, simboli Templari, Medioevali, Rinascimentali a Sermoneta